Ogni minuto, sui vari social network, vengono condivisi numerosi articoli e, di conseguenza numerose notizie. Quante di queste notizie sono però vere? La risposta è: dipende. La quantità di notizie false, dette anche bufale, che ogni giorno vediamo su Facebook, Twitter e gli altri social che frequentiamo è proporzionale al numero di persone delle quali leggiamo gli aggiornamenti e, soprattutto, alla loro rete di contatti e alla loro capacità di individuare le bufale. Dato che la condivisione e i commenti sono fatti, in molti casi, leggendo solo il titolo dell’articolo condiviso, e non quanto effettivamente scritto, si ha una parziale spiegazione della diffusione delle bufale nel web. Vediamo insieme quali sono le strategie messe in atto per limitarne la diffusione e come riconoscere una bufala da una notizia vera.
Facebook e la caccia alle bufale
Facebook è una delle piazze digitali più frequentate del pianeta, e di conseguenza, è uno dei luoghi in cui è più facile imbattersi nelle notizie false. Chi crea una bufala ha come obiettivo finale quello di far si che l’utente condivida il contenuto credendo di svolgere un servizio di pubblica utilità, se non altro anche solo per fare un favore al contatto mettendolo al corrente dell’imminente pericolo /scandalo /rivelazione (ovviamente falsa) del momento, dando così il via ad un’infinita catena di Sant’Antonio di diffusione di spazzatura digitale.
Mark Zuckerberg, fondatore e CEO di Facebook, il 15 dicembre ha dichiarato che Facebook si assumerà la responsabilità di limitare la diffusione delle bufale all’interno del social network, lanciando il suo sistema di Fact Checking proprietario che si avvarrà dell’utilizzo di una squadra di giornalisti professionisti totalmente dedicata al compito di scovare, ricercare e segnalare le notizie fake, che non verranno eliminate dalla piattaforma, ma che saranno contrassegnate appunto da un’etichetta che ne penalizzerà quasi totalmente la visibilità, cercando così di debellare il morbo della disinformazione su Facebook.
Google, insieme a Facebook, hanno deciso di adottare misure drastiche per contrastare la diffusione di notizie false, andando a colpire gli introiti pubblicitari derivati dalla diffusione di bufale. Google sta lavorando alla possibilità di escludere questi siti web dall’utilizzo di AdSense, servizio pubblicitario di Alphabet Inc, la società che controlla tutte le attività e i progetti di ricerca legati a Google, come già succede per i siti pornografici e che pubblicano contenuti violenti. Allo stesso modo ci saranno maggiori controlli sulla qualità e veridicità dei contenuti che appaiono nei risultati di ricerca, in modo da limitare l’apparizione di siti di bufale nei primi risultati di ricerca.
Come si contrastano le bufale?
A parte le azioni di contrasto messe in atto dai big (personalmente non sono convinto dell’efficacia delle azioni sugli introiti pubblicitari, ma almeno è un inizio), cosa può fare ognuno di noi?
- Controllare la fonte. Se il link rimanda, ad esempio, a Il Fatto QuotiDAINO, è chiaramente una bufala. Sono molti i siti web che copiano, con qualche errore di battitura voluto, il nome delle testate giornalistiche nazionali.
- Controllare su siti come Il Disinformatico, Bufale.net o Butac se ci sono informazioni su quella notizia o su storie simili. In molti casi le bufale riappaiono dopo diverso tempo, uguali nella sostanza ma diverse nei particolari, rendendole quindi facili da smascherare
- Controllare sulle maggiori testate nazionali se viene detto qualcosa in merito alla notizia. Dato che nelle redazioni giornalistiche serie il fact ckecking dovrebbe essere la norma, quindi eventuali dichiarazioni bufala non dovrebbero essere riportate. Va comunque tenuto conto del fatto che le testate nazionali hanno la tendenza a prendere per oro colato quanto riportato dai giornali internazionali, anche se si tratta del Daily Mail, giornale britannico noto per pubblicare bufale e inesattezze
- Installare su Chrome l’estensione anti-bufala di Bufale.net, che segnala immediatamente le bufale già riconosciute e smascherate, segnalandole sia su Facebook sia durante la navigazione sui vari siti.
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